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La rilevanza del packaging nell’in store promotion e il visual merchandising

Tra gli strumenti di comunicazione di un prodotto nel punto vendita, il packaging ha senz’altro un ruolo di base per la valutazione del prodotto, posizionandosi come uno dei mezzi più efficaci.

La scatola di cartone, infatti, non soltanto serve per contenere il prodotto ed evidenziarne il brand, ma è utile per fornire informazioni più dettagliate che influenzeranno, in maniera decisiva, le scelte del consumatore.

Ad avvalorare tale ipotesi è un recente studio realizzato dal centro ricerche Pointlogic International Media Consultants, che ha rilevato come la confezione sia un vero e proprio strumento di marketing ed un canale pubblicitario, al pari della TV, la stampa o Internet.

Secondo tale studio, realizzato su un campione della popolazione tedesca, il 63% degli intervistati prima di comprare qualcosa per la prima volta legge sempre quello che c’è scritto sulla confezione: per la maggior parte dei quesiti proposti dal sondaggio, il packaging è stato citato tra i primi 5 dei 23 mezzi di comunicazione, in quando fornisce le informazioni più dettagliate e veritiere rispetto al messaggio veicolato dagli altri media.

La “scatola” quindi, stimola all’utilizzo e spinge al riacquisto, fidelizzando lo stesso cliente. Inoltre informa sulla qualità e l'”ecologicità” dei prodotti, incoraggiandone la segnalazione e il consiglio ad altri: sembra infatti che l’attenzione per l’ambiente sia uno degli elementi chiave per orientare la scelta d’acquisto, quasi al pari del prezzo e della qualità del prodotto.

In realtà, nulla di nuovo sotto il sole: la tendenza in questo settore è infatti quella di proporre soluzioni eco-friendly e a basso costo. Ne sa qualcosa la Microsoft, che si prepara all’atteso lancio della nuova versione di Windows 8: il colosso dell’informatica proporrà, per il suo prodotto più famoso, un packaging più sobrio e minimal e con un peso ridotto del 37%.

Altre aziende invece stanno seguendo un percorso ancora più radicale e orientato alla tutela dell’ambiente: la società Monosol, per esempio, sta ora lavorando ad una confezione commestibile per elementi come cioccolata calda e drink sticks, mentre l’Istituto di Studi biologici Wyss di Harvard ha creato imballaggi commestibili chiamati WikiCells, nati dall’osservazione della conservazione dell’acqua in frutti come l’uva.

Come infatti si può leggere sul sito di Harvard, Wikicells è un “alimento naturale tenuto insieme da una membrana di forze elettrostatiche contenente un liquido, una emulsione, una schiuma o un cibo solido nella sostanza in un guscio commestibile o biodegradabile”. Viene offerta quindi una soluzione per la gestione dei rifiuti urbani, e potrebbe aiutare a ridurre la dipendenza dagli imballaggi di plastica così come la quantità complessiva di rifiuti alimentari.

Tutto questo interesse per il packaging avvalora senz’altro la tesi che sia una delle leve maggiori per attirare l’attenzione del consumatore e uno degli ambiti comunicativi più sotto osservazione: è evidente, infatti, che lo sguardo di chi compra, al pari della pubblicità, viene catturato attraverso l’ideazione di elementi sorprendenti che possano catalizzarne l’attenzione, anche mettendolo in confusione. Un case history eccellente di questo “packaging della confusione” è l’in store promotion che partirà negli Stati Uniti il prossimo ottobre per Kraft: per il ritorno a scuola dei più piccoli, infatti, l’industria alimentare ha ideato un nuovo prodotto, “Kraft String Cheese”, che, sia nella forma che nella confezione, ricorda le matite inserite nell’astuccio da scuola.  L’iniziativa è infatti realizzata in partnership con Crayola, azienda leader nel settore dei pastelli, e nella confezione i più piccoli potranno trovare strumenti per sviluppare la fantasia nel disegno.

Insomma, dall’ecosostenibilità alla creatività del marketing, fino alle soluzioni date dall’in store promotion e il visual merchanding, sembra proprio che il packaging, da mera involucro del prodotto, stia diventando il vero protagonista della comunicazione pubblicitaria, sorpassando quasi l’attenzione che si ha per il prodotto stesso. E secondo voi, parafrasando un noto detto popolare, è ancora possibile affermare che l’abito non fa il monaco?