Oggi parliamo di Mystery Client, una figura fondamentale per i processi di monitoraggio che una qualsiasi azienda presente in punto vendita deve mettere in campo. E’ una figura in parte misteriosa, e non per il termine con cui è indicato, perché si è diffusa solo di recente. Infatti, è solo negli ultimi tempi che quella del Mistery shopping, questo il nome dell’attività svolta dal M.C, è passato dall’essere un’attività sporadica a una vera e propria professione.
In questo articolo parleremo approfonditamente del Mistery Client, di quello che fa, dei benefici che apporta ai processi di monitoring, dei vantaggi che garantisce rispetto all’impiego-per le medesime mansioni trafilo di un dipendente o di una risorsa interna. Insomma, risponderemo alla domanda: si può fare affidamento al Mistery Client?
In un certo senso , la definizione di Mistery client è suggerita dal suo stesso nome . Stiamo parlando di un “cliente misterioso”, dove per “misterioso” in realtà si intende un attributo più simile a “in incognito”.
E in effetti il Mystery client è proprio questo: un individuo che si finge un normale cliente e che si comporta come tale, frequenta il punto vendita, interagisce con le risorse umane, se necessario acquista. Ovviamente le risorse umane non conoscono la sua vera identità . Ai loro occhi il Mystery client è un normalissimo cliente.
Lo scopo del Mistery Client, ovvero del Mystery shopper, è quindi intuibile: raccogliere informazioni di prima mano su come viene gestito il punto vendita, su come vengono gestiti i clienti, e in generale su quella che è l’effettiva esperienza del cliente. Tutte informazioni assolutamente necessarie per intervenire in caso di errori e di applicazione non corretta delle indicazioni del management, ma anche per migliorare le attività di customer care e di gestione del punto vendita. Il tutto attraverso la valutazione di quanto accade in Store.
La figura del Mistery Client non è ancora diffusissima presso le aziende. Permangono ancora delle reticenze da parte del management nel fare uso di una figura che, se non ben inquadrata, può essere facilmente ricondotta ad attività non proprio trasparenti o a pratiche scorrette.
Un altro motivo di questa reticenza è riconducibile alla percezione secondo cui il Mistery Client, essendo una figura esterna all’impresa, possa rivelarsi in qualche modo inaffidabile.
In realtà, se il Mystery Client è scelto con cura e gestito con altrettanta attenzione, può rivelarsi una risorsa in grado di arrivare laddove nessun dipendente o risorsa interna è in grado di giungere.
Anche perché se a ricoprire le mansioni del Mistery Client, dunque analisi e valutazione di quanto accade nel punto vendita, è una risorsa interna, molto banalmente un dipendente, i risultati potrebbero non essere ottimali. Ciò non dipende dalla competenza del singolo, quanto da ovvie ineludibili dinamiche relazionali. Molto difficilmente un dipendente rivelerebbe ai superiori di un comportamento non proprio consono dei colleghi, in quanto ciò lo qualificherebbe come spia
Inoltre farebbe fatica a parlare male di una qualsiasi attività dell’azienda la quale, dopotutto, gli garantisce un’occupazione.
Dinamiche, queste, che a ben vedere non coinvolgono il Mystery Client. Il quale, è bene ricordare, è una risorsa esterna, molto spesso ingaggiata una tantum e che quindi non ha nessun legame stabile né con il personale oggetto della valutazione, né con l’azienda che lo ha ingaggiato. Può quindi esprimere le sue opinioni in modo sincero, senza scrupoli. Scrupoli che, ci teniamo a precisare, sono legittimi in capo a una risorsa interna, ma totalmente avulsi dal comportamento e dalla sensibilità di una risorsa esterna.
Detto ciò, va specificata una cosa: Il Mystery client non è in sé una risorsa efficace, non lo è sempre e comunque. Per esserlo, deve possedere alcune particolari caratteristiche. Ecco quali-
Ecco, se il Mistery Client che avete scelto corrisponde a questo identikit, l’azienda ne potrà trarre grandi benefici, a prescindere che operi nella GDO o nella GDS. Anche perché consente di superare quello che è il più grosso limite dell’attività di pianificazione: lo scarto tra progetto e realtà, tra teoria e pratica. Uno scarto che esiste anche se il personale si comporta correttamente.
Alternative migliori non ce ne sono: affidare il ruolo di “cliente in incognito” a una risorsa interna vuol dire innescare le dinamiche relazionali di cui abbiamo parlato. Di contro, effettuare un’attività di valutazione “allo scoperto” non consente di cogliere tutti quegli insight, quelle indicazioni, che invece emergono quando le risorse umane si comportano con naturalezza, quando non percepiscono di essere oggetto di una qualche valutazione.
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